I livelli sierici di acido urico che discriminano i diversi strati di rischio cardiovascolare sono ancora sconosciuti. Nuove importanti informazioni relative ai livelli di uricemia a cui aumenta le mortalità, giungono dalla pubblicazione di uno studio multicentrico Italiano, lo studio HURRAH, (Uric Acid Right for Heart Health).
Lo studio ha analizzato, durante un follow-up di 20 anni, i dati di pazienti italiani partecipanti a studi longitudinali reclutati in cliniche dell’ipertensione, per esaminare la relazione tra uricemia e mortalità (totale e cardiovascolare ) e per determinare le soglie di cut-off dell’uricemia a cui il rischio aumenta.
La mortalità totale è stata definita come mortalità per qualsiasi causa, quella CV come morte dovuta a infarto miocardico fatale, ictus, morte cardiaca improvvisa o insufficienza cardiaca.
Nell’analisi sono stati inclusi 22 714 soggetti. Le analisi di regressione multivariata di Cox hanno identificato un’associazione indipendente tra uricemia e mortalità totale (hazard ratio, 1,53 [IC 95%, 1,21-1,93]) o CV (hazard ratio, 2,08 [IC 95%, 1,146-2,97]; P <0,001).
Sono stati anche identificati i valori di cutoff di uricemia in grado di discriminare la mortalità totale (4,7 mg / dL) e quella CV (5,6 mg / dL ).
L’ uso di questi valori ha migliorato significativamente la riclassificazione netta del rischio rispetto al grafico del rischio Heart Score (P <0,001).
Sia la mortalità totale che la mortalità cardiovascolare sono risultate essere associate indipendentemente con l’uricemia.
Sono stati inoltre identificati e validati i valori di cutoff specifici per sesso per mortalità totale e CV. Lo studio evidenzia quindi che i livelli uricemia che aumentano il rischio di mortalità
totale e CV sono significativamente inferiori rispetto a quelli utilizzati per la definizione di iperuricemia nella pratica clinica e potrebbero contribuire a migliorare l’identificazione dei pazienti a maggior rischio di CV.
Hypertension. 2020;75:302–308,